Addio a don Vassalli. Delpini ricorda i suoi «sorrisi incoraggianti»

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«Tutti coloro che hanno conosciuto don Simone ne hanno ricevuto parole sapienti, sorrisi incoraggianti, testimonianza di intensa vita di preghiera. Il suo morire è rivelazione: ciascuno ora capisce meglio quella parola, torna alla memoria con inedita incisività quel momento vissuto insieme, quella prossimità gentile, quella fraternità semplice e intensa. Proprio il suo morire incide più profondamente la sua testimonianza in coloro che l’hanno conosciuto». È un dolore profondo e condiviso, quello a cui ha dato voce l’arcivescovo Mario Delpini, che ha presieduto le esequie di don Simone Vassalli, il sacerdote ambrosiano morto improvvisamente domenica scorsa a 39 anni. Il funerale si è svolto all’aperto, alla presenza di centinaia di persone, all’oratorio San Luigi della Comunità pastorale Maria Vergine Madre dell’Ascolto di Biassono (Monza), di cui il giovane prete era vicario.

Nato nel 1982 a Vaprio d’Adda (Milano), entrato in seminario dopo la laurea in Biologia, ordinato sacerdote l’8 giugno 2013, don Simone era stato destinato, fin dall’inizio del suo ministero, nella cittadina brianzola dove, nella cappellina interna al suo appartamento mentre era in preghiera, è stato trovato senza vita la mattina del 6 febbraio.

«Nessuno dica che Dio ha voluto la morte di don Simone – ha detto ancora Delpini – perché Dio maledice la morte e non c’entra nulla con la morte. Tutti, però, lasciamoci scuotere dal grido estremo di Colui che dona lo Spirito di vita. Il grido estremo è l’ultima rivelazione dell’onnipotenza di Dio: morte, io ti maledico. Ti dichiaro sconfitta e mostro la tua sconfitta nel seminare la nuova definitiva rivelazione».

Commovente anche il ricordo del responsabile della Comunità pastorale, don Ivano Spazzini, che ha concelebrato il rito insieme a decine di altri sacerdoti, tra cui tanti giovani e il vicario episcopale della Zona di Monza, monsignor Luciano Angaroni, e che la sera prima della scomparsa di don Vassalli era andato a cena con lui e alcuni seminaristi.

Articolo di ANNAMARIA BRACCINI dal portale di Avvenire 
 

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