Intervista
Nella Proposta c’è un riferimento all’Ucraina. Esiste una preghiera autentica per la pace?
I discepoli del Signore Gesù domandano la pace e lo fanno sempre ringraziando; sperimentano ogni giorno quella vita nuova che il Signore dona. È una vita nuova fatta di fraternità, addirittura di fraternità universale, di riconciliazione laddove i conflitti sono particolarmente laceranti, di quella pace che Gesù dona all’umanità intera. Pregare per la pace significa, quindi, ritrovare la propria responsabilità di essere operatori, mediatori, testimoni della pace. A tale proposito, mi pare molto illuminante questa espressione della Proposta: «La preghiera non è mai una delega a Dio perché faccia ciò che noi non facciamo». Invece la preghiera, in particolare per la pace, così come in questi anni è stata per la salute in tempo di pandemia, spesso pare chiedere a Dio un intervento per compensare le nostre malefatte o le nostre inadempienze.
Si può imparare e insegnare a pregare?
È doveroso imparare a pregare ogni volta: tutti portiamo dentro, come connaturale alla vita di ogni giorno, il pregare, il dire un desiderio, auspicando un futuro migliore, il realizzarsi di qualche promessa che si annida nel vissuto quotidiano. Ci sono momenti nella vita in cui è inevitabile pregare, rivolgersi a quello che tutti ancora chiamano Dio o sentono come Dio. La questione che la Proposta mette a fuoco è come pregano i discepoli secondo l’insegnamento di Gesù: «Non pregate come fanno i pagani sprecando parole», oppure – e questo campeggia nella Proposta pastorale -, «quasi ingiungendo a Dio di fare la vostra volontà; non pregate come se nella preghiera noi dovessimo piegare la volontà di Dio a fare il bene». I discepoli di Gesù pregano non perché Dio sia buono, ma perché Dio è buono e così dobbiamo fare noi.
L'Arcivescovo sottolinea la centralità della preghiera in famiglia come Chiesa domestica: è importante condividere la preghiera tra generazioni diverse?
È importante perché l’ambito familiare è la casa, luogo di comunione del tutto singolare, nativa, primordiale. È il luogo dove l’uomo e la donna vivono come una carne sola, in un vicendevole amarsi quotidiano, impegnativo, gioioso e faticoso. È il luogo dove i figli sperimentano la cura vicendevole e l’affetto reciproco. Il luogo di una vita divina, l’amore, che deve, poi, dilatarsi sui confini di una comunità cristiana.