Ci ha amati

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Dilexit Nos


di FRANCESCO GRINGERI

Il 24 ottobre è stata pubblicata la quarta enciclica di papa Francesco Dilexit Nos sull’amore umano e divino del cuore di Gesù.
La sua riflessione parte dal concetto di cuore, come luogo della sincerità, senza inganno né dissimulazione, dove possiamo lasciar emergere le domande più profonde: “chi sono veramente, che cosa cerco, che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, perché e per quale scopo sono in questo mondo, chi sono davanti a Dio.”
Ma questa società “liquida”, materialista, dominata dal narcisismo e dall’autoreferenzialità, svaluta questo centro intimo dell’uomo e così facendo “perde le risposte che l’intelligenza da sola non può dare, l’incontro con gli altri, la poesia.”
Il cuore ha la capacità di unificare e armonizzare la propria storia personale, l’ordinario-straordinario dei propri ricordi, l’amore nelle sue componenti spirituali, psichiche e fisiche.
Parlando dal suo Sacro Cuore al nostro cuore il Signore ci salva.
Il Cuore di Cristo è estasi, uscita, dono, incontro. In Lui diventiamo capaci di relazionarci in modo sano e felice e di costruire in questo mondo il Regno d’amore e di giustizia.
Attenzione a non fare troppo affidamento su noi stessi: abbiamo bisogno dell’aiuto dell’amore divino. È nel suo Cuore che riconosciamo noi stessi e impariamo ad amare.
Nel capitolo Gesti e parole d'amore, il Santo Padre evoca l'amore di Cristo, che è fatto di vicinanza, compassione e tenerezza. Gesù non ci ama solo con la parola, ma con lo sguardo e con gesti di tenerezza.
Nel successivo, Questo è il cuore che ha tanto amato, esorta i fedeli ad adorare la totalità della Persona di Cristo mediante il culto del Suo Cuore. Non si adora un’immagine, ma, attraverso questa, adoriamo Cristo. Il Suo cuore, meglio se rappresentato in una immagine di Gesù, non è un simbolo immaginario ma reale e rappresenta la fonte da cui sgorga la salvezza. 
Il Papa ci invita a riscoprire la religiosità popolare, fatta di Via Crucis, di devozione alle sue piaghe, al cuore di Gesù, per alimentare l’amore e la tenerezza per Cristo, la speranza e la memoria, il desiderio e la nostalgia.
Nel cuore albergano anche sentimenti come l’odio, l’indifferenza, l’egoismo. Perciò questo cuore realizza il progetto di Dio solo se ama.
Il culto del Sacro Cuore è una risposta attuale a forme di spiritualità rigoriste e disincarnate che, da una parte, dimenticano l’infinita misericordia del Signore e, dall’altra, non si impegnano a costruire, come invitava San Giovanni Paolo II, a costruire la “civiltà dell’amore.”
Con il capitolo, L’amore che dà da bere, il Papa approfondisce l’aspetto dell’esperienza spirituale personale e in quello successivo, Amore per amore, quello dell’impegno comunitario e missionario.
Attraverso il Suo Cuore, possiamo stabilire una relazione, un incontro personale con Lui per trovare riposo e pace, sicurezza e consolazione, forza e decisione.
Chiediamogli, come farebbe “un amico all’altro amico, o un servo al suo signore», cosa dobbiamo fare per Lui, con piena fiducia nell’azione misteriosa della sua grazia. Mentre cerchiamo, con cuore di credente innamorato, di offrire qualcosa a Cristo per la sua consolazione, le nostre stesse sofferenze vengono illuminate e trasfigurate. Desiderosi di consolarlo, ne usciamo consolati.
La richiesta di Gesù è l’amore: non ricerca di sacrifici o adempimento di un dovere. La migliore risposta all’amore del suo Cuore è l’amore per i fratelli, è dare, come Lui, la vita per loro, in particolare per i più deboli, miseri e sofferenti. L’amore del Cuore di Cristo è l’amore stabile, costante, immutabile per il prossimo.
Possiamo rubare il cuore al Signore nelle cose più piccole e ordinarie; anche tutte le piccole contrarietà accettate e abbracciate con amore fanno infinitamente piacere alla Bontà divina.
La vera riparazione al male commesso è l’unione dell’amore filiale verso Dio con l’amore verso il prossimo. In una società nella quale la mentalità dominante considera normale o razionale quello che in realtà è solo egoismo e indifferenza, è la stessa “conversione del cuore” a spingerci a resistere a queste strutture sociali alienate, a metterle a nudo e a propiziare un dinamismo sociale che ripristini e costruisca il bene.
Occorre che i nostri atti di amore, di servizio, di riconciliazione, richiedano che Cristo li solleciti, li motivi, li renda possibili.
Per il processo di riconciliazione non basta solo la buona intenzione, bisogna anche riconoscersi colpevoli e chiedere perdono ai fratelli.
La proposta cristiana è attraente quando può essere vissuta e manifestata integralmente. È l’azione missionaria della Chiesa: irradiare l’amore del Cuore di Cristo. Questo richiede missionari innamorati: le parole dell’innamorato non disturbano, non impongono, non forzano, solamente portano gli altri a chiedersi come sia possibile un tale amore.
Questa missione deve essere vissuta con la propria comunità e con la Chiesa: gli atti d’amore verso i fratelli di comunità possono essere il modo migliore, o talvolta l’unico possibile, di esprimere agli altri l’amore di Gesù Cristo.
Bisogna lasciarci mandare da Lui a compiere una missione in questo mondo, con fiducia, con generosità, con libertà, senza paure, perché Egli è lì, lavora, lotta e fa del bene con noi.

 

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