Il Santo Padre riflette sulla vera speranza cristiana, che affronta la tempesta della vita e ci spinge verso un mondo di pace e giustizia.
di FRANCESCO GRINGERI
Con l’omelia del Santo Padre tenuta nella Basilica di San Pietro il 24 dicembre 2024 durante la celebrazione della Messa della notte di Natale e l’apertura della Porta Santa ha inizio il Giubileo con il motto “Pellegrini della speranza”.
Papa Francesco riflette sul significato della nascita di Gesù sottolineando la speranza che porta all’umanità.
Che cosa intendiamo con speranza? Forse un facile e superficiale ottimismo che le vicende umane si risolvano sempre e tutte positivamente? O forse è una fuga in un sogno di un aldilà roseo e pacificatore? Oppure, addirittura, nella soddisfazione del nostro desiderio ridotto a misura?
Nessuna di queste “speranze” riesce a riempire il nostro cuore, ad accompagnarci nella tempesta della vita quotidiana nella quale il dolore, la perdita, il fallimento e la morte sono sempre dietro l’angolo, dove l’incertezza e la provvisorietà dell’esistenza si chiudono a tenaglia il nostro cuore; insomma, nessuna riesce a corrispondere all’ampiezza del nostro desiderio più profondo.
Ma noi veniamo al mondo con un innato desiderio di felicità: felicità che spesso confondiamo con la ricerca di divertimento a tutti i costi, con il bisogno di star bene, in salute e economicamente, con l’ansia di fama e di successo.
Questo desiderio, come descritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1718), invece “è di origine divina; Dio l'ha messo nel cuore dell'uomo per attirarlo a sé, perché egli solo lo può colmare.”
È promessa di adempimento che sta all’origine dell’amore: il desiderio ci spinge all’avventura della ricerca di compimento, che realizziamo solo in Colui che ci ha voluto e amato quando ancora non eravamo nati.
La nascita di Gesù e la sua morte e resurrezione sono la dimostrazione che questa promessa è vera. Il Signore Gesù è con noi, con ognuno di noi, fino alla fine del mondo.
Dalla fede nasce questa irriducibile speranza che genera quella letizia che non può essere guadagnata e vissuta se non nella certezza di un futuro buono.
Al Santo Padre, durante l’apertura della Porta Santa nella Casa Circondariale di Rebibbia “piace pensare alla speranza come all’àncora che è sulla riva e noi con la corda stiamo lì, sicuri, perché la nostra speranza è come l’àncora sulla terraferma (cfr. Eb 6,17-20)”: non elimina la tempesta ma stabilisce un punto fermo, che non cede.
Occorre “non perdere la speranza perché la speranza mai delude. Mai. Delle volte la corda è dura e ci fa male alle mani … ma con la corda, sempre con la corda in mano, guardando la riva, l’àncora ci porta avanti.”
Tutto posso in Colui nel quale è la mia forza (cfr. Fil 4,13). Questa forza ci getta nella realtà pieni di energia e di volontà di far di tutto per sé e per gli altri, in ogni circostanza, perché la speranza per sua natura è sociale: non esiste problema o situazione umana da cui non si senta percossa e a cui non si senta interessata positivamente.
“Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle.”
È un’operosità che realizza il sublime nell’apparente banalità della vita più meschina.
“La speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa”, incita Papa Francesco: i cristiani stanno nel mondo come tutti, ma sono l’inizio di un altro mondo in questo mondo.
“Pellegrini della speranza” è il motto che esprime quella speranza a cui siamo ancorati ma che ci lancia a portarla in tutte le situazioni di sofferenza, come pellegrini alla ricerca della verità, come sognatori mai stanchi, come donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, che è il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia.